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domenica 25 ottobre 2015

Ictus cerebrale: prevenire si può


In prossimità della Giornata Mondiale contro l’Ictus Cerebrale, che ricorre il 29 ottobre, l’ A.L.I.Ce Lombardia, Associazione per la Lotta all’Ictus Cerebrale, ha organizzato un incontro per riportare l’attenzione sull’importanza di una corretta attività di prevenzione dell’ictus cerebrale.

In Italia, l’ictus cerebrale rappresenta la terza causa di morte e la prima causa di invalidità. L’evento acuto è determinato da una molteplicità di fattori. Ipertensione, dislipidemie e patologie cardiache, tra cui la Fibrillazione Atriale, sono solo alcuni dei fattori di rischio che possono essere individuati e corretti tempestivamente, intervenendo con opportune terapie.  

La conferenza stampa, dal titolo “L’ictus si previene curando il territorio”, si terrà a Milano martedì 27 ottobre 2015 alle ore 13.00 presso il Consiglio Regionale della Lombardia – Sala della Memoria. Clinici, associazione, pazienti e Istituzioni regionali, si confronteranno per mettere a fuoco le dimensioni del problema e le prospettive future.

Nel corso dell’incontro, il “fenomeno ictus” verrà analizzato nella sua accezione più ampia. Non si parlerà solo della gestione dell’emergenza, per la quale la Regione Lombardia rappresenta già un esempio virtuoso, ma anche della possibilità di prevenire l’evento e, nel caso si verifichi, di seguire il paziente attraverso un adeguato percorso di riabilitazione. Necessarie a tal fine una logica di continuità assistenziale tra ospedale e territorio e una stretta collaborazione tra specialista e Medico di Medicina Generale.

Alla conferenza stampa parteciperanno: Fabio Rizzi - Presidente III Commissione permanente Sanità e Politiche Sociali, Consiglio Regione Lombardia, Fabio Altitonante – Membro III Commissione permanente Sanità e Politiche Sociali, Consiglio Regione Lombardia, Fabrizio Carletti – Presidente A.L.I.Ce Lombardia,  Elio Clemente Agostoni – Direttore Struttura Complessa di Neurologia, Ospedale Niguarda Ca’ Granda, Milano, Fabrizio Oliva – Responsabile Unità Coronarica Ospedale Niguarda Ca’ Granda, Milano e Ovidio Brignoli – Vicepresidente SIMG – Società Italiana Medicina Generale.

A.L.I.Ce Lombardia presenterà, inoltre, un’iniziativa di screening dei fattori di rischio dell’ictus, organizzata con il contributo non condizionato di Bayer Healthcare rivolta alla popolazione, che avrà luogo il 29 ottobre prossimo a Milano.





sabato 11 aprile 2015

Malattie rare. Scoperto il gene della sindrome di Aymè-Gripp

Una ricerca congiunta dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù e dell’Istituto Superiore di Sanità ha individuato le cause molecolari della sindrome di Aymè-Gripp, una malattia genetica rara e finora poco conosciuta. Lo studio, pubblicato sulla rivista scientifica The American Journal of Human Genetics, ha riconosciuto nel gene MAF, e in alcune sue specifiche mutazioni, l’origine della patologia.

La sindrome di Aymé-Gripp, precedentemente nota come sindrome di Fine-Lubinsky, è una malattia multisistemica dello sviluppo. È caratterizzata da cataratta congenita, sordità neurosensoriale, ritardo mentale, bassa statura ed epilessia; l’aspetto del viso ricorda quello caratteristico della sindrome di Down. I risultati raccolti dallo studio hanno permesso di ridefinire il quadro clinico della patologia, quadro che finora non era stato ancora ben chiarito, anche a causa della rarità della malattia.

Avvalendosi di nuove tecnologie di sequenziamento del DNA, i ricercatori hanno identificato una nuova classe di mutazioni in un gene già associato a rare forme isolate di cataratta congenita, il gene MAF. Esso codifica per un fattore di trascrizione che controlla l’espressione di numerosi geni, implicati in diversi processi dello sviluppo. Lo studio ha chiarito che MAF può essere colpito da due distinte classi di mutazioni, il cui diverso impatto clinico è da ascrivere al differente ruolo che queste hanno sulla funzione del fattore di trascrizione.

Le mutazioni che sono causa di una ridotta capacità della proteina MAF di legarsi alle sequenze regolatorie del DNA sono associate alla forme isolate di cataratta congenita. Le mutazioni che invece interferiscono con la normale degradazione del fattore di trascrizione e ne determinano un accumulo nella cellula, sono causa di una disregolazione dell’espressione dei geni controllati da MAF e determinano il quadro clinico più complesso e severo caratteristico della sindrome di Aymé-Gripp.

Grazie alla scoperta del ruolo di MAF e al chiarimento dei segni e delle caratteristiche della patologia, sarà presto più facile diagnosticare la malattia, con tutti i vantaggi conseguenti anche in termini di presa in carico del paziente.


Fonte: The American Journal of Human Genetics - Cell - Mutations Impairing GSK3-Mediated MAF Phosphorylation Cause Cataract, Deafness, Intellectual Disability, Seizures, and a Down Syndrome-like Facies

venerdì 27 marzo 2015

Dalla placenta, le cellule staminali che salvano il cuore

Saranno presto disponibili nuove terapie per la cura dell’infarto del miocardio? Secondo uno studio dell’Universitàdi Pavia, pubblicato sulla prestigiosa rivista internazionale Stem Cells Translational Medicine, sarebbe possibile utilizzare le cellule staminali fetali di origine placentare per migliorare la funzionalità cardiaca e rigenerare il tessuto miocardico danneggiato in seguito a infarto.

Il team guidato dal dott. Massimiliano Gnecchi, cardiologo e docente dell’Università di Pavia, ha dimostrato che le cellule staminali derivate dalla membrana amniotica della placenta hanno una carta d’identità identica a quella delle più studiate cellule staminali del midollo osseo dell’adulto. Le staminali fetali si moltiplicano con una maggiore velocità rispetto alle staminali dell’adulto e producono più molecole in grado di proteggere il cuore e di favorire la formazione dei vasi sanguigni indispensabili per nutrire il tessuto cardiaco. Il gruppo pavese è riuscito a provare che la sola somministrazione delle molecole prodotte da queste cellule riduce il danno da infarto del miocardio e migliora la funzione cardiaca nel modello animale.

I ricercatori dell’Università di Pavia hanno inoltre dimostrato che, modificando le cellule staminali mediante piccole molecole chiamate microRNA, è possibile favorire il loro differenziamento in cellule cardiache o cardiomiociti. Si tratta di una importante scoperta nell’ambito della medicina rigenerativa, che aprirebbe le porte all’utilizzo delle cellule staminali fetali per generare nuovo tessuto cardiaco in grado di sostituire le porzioni di cuore morte o danneggiate.


La scoperta pavese potrebbe portare presto alla creazione di nuove e avanzate tecniche diagnostiche e terapeutiche applicabili all’uomo. L’uso di cellule di origine placentare permetterebbe infatti di superare il problema etico da sempre al centro del dibattito sulle staminali poiché la placenta, dopo il parto, diventa di fatto un organo di scarto. 

martedì 10 marzo 2015

HIV, scoperto come il virus si integra nel genoma umano

Un nuovo studio internazionale svela il ruolo delle proteine nel processo di infezione

Micrografia elettronica a scansione del virus HIV (in verde) in gemmazione da una cellula
Photo Credit: C. Goldsmith Content Providers: CDC/ C. Goldsmith, P. Feorino, E. L. Palmer, W. R. McManus - This media comes from the Centers for Disease Control and Prevention's Public Health Image Library (PHIL),

Pubblicato sulla rivista Nature Communications, il lavoro è stato condotto dai ricercatori dell'Istituto di tecnologie biomediche del Consiglio nazionale delle ricerche (Itb-Cnr) e dell'Istituto Pasteur di Parigi, in collaborazione con l'Albert Einstein College of Medicine di New York e il Centro di statistica e scienze biomediche del San Raffaele di Milano. Secondo lo studio, a favorire l'ingresso nel nucleo e la replicazione dell'HIV all'interno delle cellule ospiti, sarebbe l'interazione del virus con specifiche proteine del complesso del poro nucleare (Npc).

"I pori nucleari, composti da nucleoporine - spiega Ermanno Rizzi dell'Itb-Cnr - controllano il passaggio di molecole tra il nucleo e il citoplasma all'interno della cellula e le proteine che lo compongono svolgono un ruolo cruciale nella fisiologia delle cellule, poiché gestiscono l'organizzazione tridimensionale della cromatina, la cui struttura è responsabile dell'attivazione dei geni, sia cellulari che di eventuali ospiti come HIV". 

Grazie a metodologie di microscopia ad elevata risoluzione ( Storm ) e test di biologia molecolare, è stato evidenziato in particolare il ruolo di due nucleoporine: la Nup153 e la Tpr. La Nup153 permetterebbe il passaggio del virus attraverso i pori mentre la Tpr sarebbe in grado di mantenere la cromatina attiva in prossimità del poro, favorendo la replicazione del virus.

I ricercatori sono riusciti a chiarire il meccanismo virus/cellula anche avvalendosi di tecnologie di sequenziamento ad alta processività, come il Next Generation Sequencing, che hanno permesso di evidenziare la presenza di porzioni di DNA virale integrate nel genoma della cellula ospite.

L'integrazione delle sequenze virali nel genoma umano permette al virus di replicarsi e di dare origine a nuove particelle virali infettanti, che vengono liberate dalla cellula ospite, causandone la morte. In alcune cellule infettate il virus può permanere in forma apparentemente inattiva anche per un lungo periodo di tempo, definito di latenza clinica. La riattivazione di HIV nelle cellule silenti coincide con lo sviluppo dell'AIDS conclamato. L'AIDS, o sindrome da immunodeficienza acquisita, consiste in una progressiva e potenzialmente fatale distruzione del sistema immunitario; il malato è incapace di fronteggiare le banali infezioni da virus, batteri e funghi a cui risponde un organismo sano e mostra un aumentato rischio di sviluppare tumori, anche gravi. 

La scoperta del ruolo delle nucleoporine nel processo di infezione potrebbe aprire la strada allo sviluppo di nuovi farmaci in grado di prevenire l'ingresso del virus nel nucleo della cellula ospite e di impedirne quindi la replicazione. Ad oggi non sono ancora disponibili cure definitive che possano guarire dal virus HIV e la prevenzione resta la miglior arma disponibile.